Intervista a Sara Sgarabottolo

Redazione
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“Con i miei occhi” è l'EP d'esordio della cantautrice padovana, che ha scelto di raccontarsi attraverso cinque brani molto diversi. Il denominatore comune? La dimensione di una rock band, l'immancabile chitarra acustica e il suo timbro di voce scuro e caldo. Quindici minuti di musica per esplorare se stessi, passando attraverso problemi di cuore, spensieratezza, insicurezze e l'intero turbine di emozioni che accompagna il passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Con queste canzoni, l'artista vuole presentarsi in modo diretto e spontaneo, descrivendo ciò che vive con l'unica verità che conosce: quella dei suoi occhi.
 
 
Ciao Sara, benvenuta. Quale messaggio vuoi trasmettere e qual è stata la molla che ti ha spinto a produrre il nuovo progetto discografico?
 
Ho deciso di pubblicare il mio primo Ep perché finalmente mi sentivo pronta a far uscire dal cassetto alcune canzoni che erano rimaste lì per un po’. Volevo dare voce ai pensieri che si erano accumulati e cantarli a squarciagola. “Con i miei occhi” è, quindi, il mio primo salto nel vuoto, che mi ha aiutato a capire la direzione da prendere per esprimermi a tutto tondo, nella musica e nella vita. Per me – spero anche per chi lo ascolterà - questo Ep è un’esortazione a vivere tutte le esperienze a cuore aperto, senza il timore di dosarsi. È sentirsi liberi di essere fragili, ma anche di ridere senza motivo o di ballare in camera da soli.
 
Qual è la canzone all’interno dell’album che ti sta più a cuore?
 
Sono molto affezionata a “Non mi lasciare d’estate” perché è stato il mio primo singolo, nonchè il mio primissimo passo. È un brano che tratta il tema della solitudine, ma lo fa raccontando la fine di una storia d’amore. Secondo me è anche un po’ tragicomico.
 
Potremo ascoltare i pezzi del tuo nuovo disco dal vivo nei prossimi mesi?
 
Mercoledì 24 gennaio mi esibirò dal vivo, in duo acustico, al circolo Blow Up di Padova. Suonerò tutti i brani dell’Ep e qualche nuovo inedito. Sarà un concerto molto intimo, ma proprio per questo ancora più speciale.
 
Come ti descriveresti in 3 parole?
 
È sempre difficile riassumere, ma direi: nostalgica, scomposta e paranoica.
 
Quanto sono significativi per una cantautrice gli stimoli culturali?
 
Moltissimo. Ogni cosa che mi circonda può essere una fonte d’ispirazione, basta saperla guardare nel modo giusto. Per esempio, le storie dei libri e dei film mi toccano in modo particolarmente diretto: sono uno spunto per ragionare sulle relazioni che abbiamo con le altre persone e, più in generale, sulla realtà. A me poi fa bene staccarmi dal mio punto di vista e immedesimarmi in quello di altri, perché riesco a cogliere alcuni lati che spesso mi sfuggono e anche ad essere più lucida, per quanto i sentimenti non siano di certo una materia scientifica.
 
Per concludere, quali sono le canzoni che non possono mancare nella tua playlist durante un viaggio on the road?
 
Io sono una creatrice seriale di playlist. Non a caso, nella mia playlist da viaggio ci sono: The Weight di The Band, Pink Moon di Nick Drake, For What It’s Worth dei Buffalo Springfield e Into the Mystic di Van Morrison. Queste più che altro, vista la loro data di pubblicazione, sono canzoni per un viaggio nel tempo.
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